Dodicianni racconta il suo singolo “Piccadilly Line” – “Amo Fondere arte contemporanea e musica”

Luglio 30, 2015

Dodicianni, al secolo Andrea Cavallaro, è un cantautore di stampo classico, di quelli con la chitarra acustica. Il suo primo lavoro “Canzoni al buio”, ha la particolarità di essere stato interamente creato, appunto, al buio, senza l’utilizzo della normale tecnologia che permette di modificare i brani.

Da qui è estratto “Saint Michel”, pezzo che tratta la triste storia di Federico Aldrovandi, che pur non essendo un singolo, vince il premio della giuria popolare al concorso Voci per la Libertà di Amnesty International. .
Ha all’attivo più di 400 concerti tra le quali aperture a Modena City Ramblers, Omar Pedrini, Festival Show e molti altri.
L’artista ci racconta come è nato il singolo “Piccadilly Line”, il brano che anticipa il suo album in uscita tra qualche mese.

Il tuo singolo “Piccadilly Line” parla del dramma di due persone che si accorgono di volersi bene ma di avere aspettative di vita troppo diverse per poter stare assieme. Un tema piuttosto amaro, ma che sei riuscito a trattare con leggerezza cosa ti ha ispirato?

Mi ha ispirato proprio la fermata di Piccadilly nella tube di Londra, le persone che correvano, le microstorie che si creano quando osservi la gente da spettatore, insomma, chissà come poteva essere un amore frenetico nato nella Piccadilly Line.

Il video rappresenta tutto questo simbolicamente con oggetti di design e quotidiani su sfondi pastello che danno al tutto un connotato volutamente artificiale. L’amore come prodotto quindi, come merce. Come mai questa scelta?
Amo mischiare l’arte contemporanea alla musica e così quando mi son ritrovato a decidere la sceneggiatura del video con i registi (Luca Wittmann e Alessandro Cavestro) hanno saputo fagocitare al meglio questa mia passione inserendo all’interno una linea di colori che richiama fortemente il mondo di Wes Anderson e a livello contenutistico i lavori di Maurizio Cattelan su Toiletpaper.

Puoi darci qualche anticipazione del tuo album?
Si chiamerà “Puoi tenerti le chiavi” e avrà sonorità abbastanza internazionali pur restando nel pop.
Pop è una parola che mi piace moltissimo; sì, credo proprio sarà un album pop.

Nel 2012, dopo il terribile terremoto in Emilia sei partito volontario per le tende con la tua chitarra in un viaggio che ti ha portato a scrivere il tuo primo Ep. “Canzoni al buio”. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Una delle cose che mi piace ricordare è uno scatolone di dischi in vinile regalatomi da uno spettatore di un concerto improvvisato; era una delle poche cose che era riuscito a salvare dalla sua casa.
Emotivamente mi ha lasciato molto, umanamente moltissimo e musicalmente mi ha regalato l’ispirazione per il mio primo disco, molte cose insomma, evidentemente il bene porta bene.

Sei diplomato in Pianoforte al conservatorio di Adria e laureando in Storia della musica. Quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua vita?
Quando da bambino giocavo con un grosso mobile che ho poi scoperto essere un pianoforte. Da lì è stato un aggravarsi continuo da questa dipendenza chiamata musica; il grazie più grande però devo dirlo ai miei genitori che hanno sempre avuto il coraggio di sostenermi e di capire le mie esigenze e prospettive di vita.

C’è qualche artista sia nel panorama italiano che internazionale a cui ti ispiri?
Nel panorama italiano il mio faro guida si chiama Bugo, vero genio in grado di coniugare sempre provocantemente arte e musica, internazionalmente sono sempre stato affascinato dai cantautori americani, in particolar modo da Tom Petty.

Il tuo singolo come tormentone estivo insieme a… quale altra canzone?

Beh, sicuramente “Cosa ne pensi Sergio” di Bugo e “First Kiss” di Kid Rock, questa sarà un’estate on the road per i concerti con Francesco Camin (cantautore trentino mio sodale), abbiamo bisogno di Rock, non ce ne voglia Enrique Iglesias.


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