È l’inizio della fine?
L’industria musicale ha appena dato vita ad un “coup de theatre” degno di un concept album distopico: è nata STAGE ZERO, la prima etichetta discografica formata interamente da artisti generati dall’intelligenza artificiale. Addio ego smisurati, addio capricci da backstage: le rockstar ora sono algoritmi.
La rivoluzione è in atto, lo si sapeva già.
STAGE ZERO non è una casa discografica convenzionale. I suoi talenti non sudano, non litigano per le royalties e non arrivano in ritardo ai concerti perché erano bloccati in una villa di Malibu. Qui, ogni artista, dal rapper con metriche perfette al cantautore malinconico con voce sognante, è frutto di un’intelligenza artificiale in grado di comporre, arrangiare e persino “interpretare” le emozioni umane.
Ma attenzione: non si tratta di una raccolta di jingle generati a caso. STAGE ZERO promette un catalogo musicale raffinato, costruito su modelli che analizzano le tendenze del mercato, perfezionano lo stile e persino interagiscono con il pubblico. Il risultato sarà composto da brani che sembreranno cuciti su misura per ogni target di ascoltatori.
Un paradiso per l’industria, un incubo per gli artisti insomma.
Immagino invece che, per le major discografiche, STAGE ZERO sia un sogno che si avvera: nessun problema di gestione dei diritti, nessuna pausa creativa, nessuna “fase oscura” da cui far risorgere la carriera di un cantante. Gli artisti AI possono essere programmati per rilasciare album con la precisione di un orologio svizzero, adattarsi alle mode senza sforzo e, soprattutto, non chiedere anticipi royalties milionari. Che è la cosa che per loro conta di più.
Eppure, mentre gli ingegneri celebrano questa nuova era, gli artisti in carne e ossa iniziano a tremare. Se il pubblico si abitua a melodie impeccabili, voci perfette e testi che sembrano leggerti nel pensiero, ci sarà ancora spazio per la musica “imperfetta” e umana? Il genio creativo, con le sue imprevedibili intuizioni e la sua capacità di rivoluzionare il panorama musicale, rischia di diventare obsoleto?
Potremo mai riascoltare frasi non corrette, ma con licenze poetiche che hanno fatto la storia?
Tipo …
“”Voglio trovare un senso a tante cose anche se tante cose un senso non ce L’HA”.
“Ancora tu ma NON dovevamo VEDERCI più?”
“Sono un ragazzo fortunato perché m’hanno regalato un sogno sono fortunato perché non c’è niente CHE ho bisogno”
E’ l’inizio della fine o una nuova era?
STAGE ZERO potrebbe segnare l’inizio della più grande mutazione dell’industria musicale.
Oppure, potrebbe diventare solo un esperimento affascinante prima che il pubblico, stanco della perfezione artificiale, torni ad abbracciare la spontaneità e l’anima degli artisti umani.
Una cosa è certa: il futuro della musica sarà scritto non solo con strumenti e chitarre, ma anche con algoritmi e linee di codice. E la vera domanda non è “possono gli AI creare musica?” ma piuttosto “siamo pronti ad ascoltarla?”