Inutile insistere, alle radio i cantautori non vanno più bene

Settembre 29, 2020

Ho letto le dichiarazioni di Renato che nel giorno del suo 70° compleanno, nell’annunciare un album triplo (!!!), non si è lasciato sfuggire l’occasione di puntare l’indice accusatorio nei confronti delle radio, colpevoli a suo dire di non programmare da anni le sue canzoni.

Le tracce dell’album Presente, pubblicato da Zero nel 2009, noi della Red&Blue le portammo nella top 20 di EarOne, ma detto ciò quel che emerge è quanto siano cambiate le scelte operate dai programmatori nel corso degli anni. Samuele, per esempio, ha appena partorito un capolavoro dal titolo “Harakiri”, ma 8 dei primi 10 network più importanti non la stanno programmando.

Renato. Samuele. Ed oltre a loro molti altri grandi artisti, con canzoni differenti, ma con lo stesso destino radiofonico.

Se, nel caso di alcuni grandi senatori della musica, per quanto riguarda un parere personale, si potrebbe trattare probabilmente di aridità creativa, per quel che riguarda invece Bersani, potremmo parlare dell’ennesimo caso di cantautorato che, per quanto di livello altissimo, da anni ormai non viene più accolto con favore da parte delle radio. Sia chiaro, questo post non finirà per annoverare la ridondante sequela di lagne che ciclicamente siamo portati a vomitare verso le scelte operate dalle radio.

Lo dice il nome stesso no? Radio Libera. Ed in quanto tale, libera di scegliere cosa suonare dalle proprie frequenze. Da anni una tipologia ben precisa di musica in radio non funziona più e alcuni cantautori se ne sono fatti una ragione senza farne un dramma, altri invece continuano ad invocare una sorta di white card sulla programmazione in virtù dei meriti acquisiti sul campo in tanti anni di carriera.

Certo, può succedere eccome che se tu sei un artista che, covid permettendo, ancora riempie il Palalottomatica per 20 sere consecutive, un po’ ti girino le palle se senti in radio takagi e ketra e non il tuo nuovo singolo.

Basterebbe convincersi che il successo, che una volta si valutava sulla base delle vendite dei dischi, ora lo si misura sulla base degli ascolti operati a favore di un’artista piuttosto che un altro. E quindi torniamo sempre li: a dettare legge ormai sono le piattaforme di streaming, spotify in testa, non più le radio.

L’altro giorno abbiamo ricevuto un artista piuttosto famoso. Ci ha espresso il suo desiderio di avere una programmazione di almeno un paio di network sul prossimo singolo. Gli abbiamo elencato una decina di titoli che attualmente albergano nella top delle airwaves radiofoniche italiane, ma lui col massimo candore, ci ha confessato che non conosceva queste song.

Come mai, gli abbiamo chiesto.

Perché io, tranne quando mi capita di stare in auto, la radio mica l’ascolto più …

Eh ma scusa ma allora ….

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